Pocket Heroes, la passione e la dedizione di Chiara Vivian per il mondo della sartoria teatrale
Il teatro e il cinema come tutte le arti in genere hanno un mondo nascosto, quello del dietro le quinte che troppo spesso non si conosce. A essere raccontata è sempre la realtà del lavoro finito; ma tutto ciò che avviene prima cosa nasconde, cosa ha da dire? Pocket Heroes e l’intervista dedicata a Chiara Vivian, vogliono riportare la vita del dietro le quinte, raccontando cosa accade lì dove gli occhi dei curiosi non arrivano. Chiara, una vera e propria artista di laboratorio, grazie agli anni di studio e soprattutto alla sua passione, ogni giorno lavora dando vita a nuove creazioni sartoriali. La sua tenacia e la sua perseveranza le hanno dato forza di realizzare il suo sogno e lavorare oggi in un laboratorio con ago, filo e tanti tessuti!
Ognuno ha un passato, delle radici e un mondo a cui si sente legato. Racconta chi sei e da dove nasce la tua passione.
La mia passione è nata un po’ all’improvviso, è stata una specie di rivelazione. Sono sempre stata brava con i lavori manuali, ho una nonna che faceva la sarta e un’altra che faceva la magliaia. Una mi ha fatto capire l’importanza di fare ciò che ti piace, l’altra l’importanza di avere un bel po’ di fortuna e saper cogliere al volo le occasioni.
Tutti hanno la propria. Qual è la tua, in cosa consiste la tua passione?
Sono una comune ex studentessa. Alle medie dovetti scegliere se fare il liceo classico o l’artistico -le mie due più grandi passioni. Infine optai per il primo. A 15 iniziai un corso di recitazione per sbloccare la mia irrecuperabile timidezza. Funzionò ma mi fece anche capire che quello dell’attrice non sarebbe mai stato il mio mestiere. Piuttosto fui affascinata dal mondo che si cela dietro le quinte di un palcoscenico. Iniziai così ad avvicinarmi al mondo del teatro.

Le Divas (parte corale) di “Priscilla- La Comedie Musicale” che ha debuttato all’Operà di Parigi. Costumista Frederic Olivier. Interno delle sartoria D’Inzillo Sweet Mode.
Il ritmo serrato, la realizzazione di costumi e delle scene per creare particolari di un qualcosa che viaggia parallelo. Iniziai Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Ora sono un artigiano di un laboratorio artistico di una sartoria teatrale. In poche parole scenografo i costumi. Tingo i tessuti, li invecchio, li decoro costumi e creo accessori per realizzare i desideri più assurdi dei costumisti che vengono da noi con i loro bozzetti!
Il tempo è compagno e nemico di viaggio. Come si riesce a trovare il quando per iniziare e continuare a perseguire con costanza la propria passione?
Nel mio caso è stato un vero colpo di fortuna. Ho mandato il mio curriculum in giro dopo la triennale e mi hanno chiamato subito. Mi sono buttata, ho messo in gioco me stessa e sono riuscita. In realtà il mio è un lavoro veramente tanto faticoso. Un lavoro che ti porta via la maggior parte della giornata, e che solo se hai una grande passione dalla tua parte puoi continuare a sostenere.
Il mondo è grande. Molto, troppo grande. Hai deciso di stanziarti e dare uno start partendo dall’Italia, perché? Hai in mente di andare altrove e ampliare i tuoi confini?
Sono sempre stata affascinata da altre culture, per il modo di vivere e per le tradizioni e ho valutato spesso la possibilità di partire per fare nuove esperienze in altri Paesi al di fuori e dell’Italia. Sono convinta che possa essere una novità estremamente stimolante culturalmente e dal punto di vista lavorativo. Ma d’altra parte sono anche un po’ restia a partire. Il nostro Paese è forte di una storia teatrale e culturale impossibile da ignorare, soprattutto per l’ambiente in cui lavoro. Molti tra i più grandi costumisti conosciuti sono italiani, ed in qualche modo sono convinta che la sensibilità artistica e culturale legata alle nostre tradizioni sia un’importante arma a nostro favore. Questo è uno dei motivi che mi tiene in Italia, sebbene non abbia messo da parte l’eventualità di partire in futuro per provare nuove esperienze estere.
C’è stato qualcuno determinante per te o che è stato come un punto di riferimento o una spinta nella realizzazione del tuo progetto?
Senza dubbio sono arrivata dove sono ora grazie all’educazione e alle possibilità che i miei genitori mi hanno dato. Sembra così banale ma non è scontato affatto. Inoltre, oltre ad essere stata fortunata a capire subito che strada volessi prendere, ho incontrato tantissime persone che sono state fonte di stimoli, nuove opportunità, ma anche di esperienze negative che mi hanno insegnato molto comunque. Il mio è un lavoro tanto stimolante quanto faticoso e totalizzante: orari e ritmi mi hanno messo alla prova più volte e sono state fondamentali in quei momenti le persone che mi hanno permesso di continuare una vita sociale sana senza impazzire.
The Pocket World è un mondo colorato che celebra la diversità. Cos’è che caratterizza e differenzia dagli altri il tuo mondo tascabile?
Il mio è un piccolo mondo colorato e nascosto dietro “le quinte delle quinte” dei teatri che veste gli spettacoli di colori. Dallo spettacolo più piccolo a quello più importante faccio parte di quelle persone fantasma che un po’umilmente preferiscono non farsi notare se non attraverso le proprie mani e attraverso quello che riescono a produrre.